Sia gli imprenditori che i consulenti devono avere ben chiaro che, a fronte di attenzioni, esistono precise responsabilità, addirittura per colpa in negligendo ed in vigilando per non avere adeguatamente organizzato la azienda o adeguatamente seguito il cliente.
Il consulente ha il dovere di consigliare al meglio il cliente anche per evitare precise responsabilità sia dirette sia conseguenti all'entrata in crisi della PMI.
La R.I.BA. srl ha studiato un percorso che, se non elimina i rischi, ne attenua gli effetti in capo al consulente mediante la prova di aver fornito la informativa adeguata.
Sappiamo-anche a mezzo della balanced scorecard divulgata dal prof. Brancozzi - che esistono gli indici (KPI - key performance indicator o ICP - indicatore di prestazione) per il controllo di gestione della azienda.
Ebbene.
Il Codice della Crisi di Impresa, entrato in vigore il 15.7.2022 dopo varie modifiche, OBBLIGA l’imprenditore a predisporre un adeguato assetto organizzativo e a rilevare tempestivamente l’insorgere della crisi(art.2086 cc.).
Pena responsabilità precise anche di natura penale che possono essere estese anche al consulente.
Ma attenzione.
Gli obblighi derivanti dal Codice della Crisi di Impresa si applicano soprattutto alle PMI non in crisi come bene ha evidenziato il tribunale di Cagliari con sentenza del 19.1.2022, nonché vari altri tribunali.
Quindi occorre che anche i consulenti prendano atto che i tempi sono cambiati come anche i rapporti di forza tra PMI con banche e fisco.
I vari passaggi che si evincono dall’entrata in vigore nel 2019 della prima parte del Codice della Crisi e le varie modifiche nel tempo intervenute consentono di fare un’analisi.
avere un dialogo con la banca contrapponendo i propri "punti di vista" (analisi dei contratti bancari e conseguenze);
l'azienda deve e può opporre i risultati della suddetta analisi alla banca;
la banca dovrà motivare come e perché non condivide tale analisi.
Qualora, per il peso di banche e fisco, la PMI entrasse in crisi, si arriverebbe alla composizione negoziata della crisi, che per le banche prevede obblighi precisi (Decreto Legislativo 17.6.2022 n.83).
Art.16 Comma 5 D l.vo 83/2022 che ha riformato il Codice della Crisi in punto di composizione negoziata della crisi: "Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato".
Insomma dovrà spiegare il perché NON ritiene valida la proposta di accordo avanzata dalla azienda. Che probabilmente sarà sulle orme di quella fatta quando la PMI non era in crisi (perché si fonda sugli stessi documenti).
R.I.BA. srl consiglia che negli studi venga redatto un piccolo dossier sul cliente, la sua storia, i nostri consigli e, quindi, ci esoneri da ogni responsabilità professionale.
Il ragionamento è: avendo io professionista adeguatamente seguito e consigliato il cliente sulle cose da fare non correrò il rischio di essere chiamato in causa in per una eventuale crisi aziendale.
Una cartellina che possa provare:
che alla PMI era stato consigliato di esaminare il debito bancario e le sue origini (i contratti bancari) e quindi monitorato il rischio aziendale;
che sono stati eseguiti dei report periodici dalla R.I.BA. srl;
che si era cercato un dialogo con la banca mostrando i risultati della analisi e ritenendo i rapporti bancari migliorabili;
che la banca aveva rifiutato il dialogo immotivatamente;
che a causa (anche) del peso degli oneri finanziari la PMI era entrata in crisi;
che di fronte all’esperto, nominato a seguito della istanza di composizione negoziata, tale iter può essere provato proprio dal dossier chiedendo che l’esperto lo inserisca nella sua relazione.
Ebbene: Così facendo si ottengono diversi risultati:
si consiglia in modo corretto l'azienda cliente;
si evita l'applicazione dell’art. 40 Codice Penale, secondo comma, in ordine al nesso di causalità nella causa dell’evento dannoso (io consulente sono messo al sicuro da azioni per danni anche da parte del cliente stesso e da "dubbi" del Pubblico Ministero;
si precostituisce la base per una composizione negoziata della crisi con la banca che potrebbe essere chiamata a pagare i danni.
Esperienza insegna che spesso, gli imprenditori sottovalutano tale aspetto.
O delegano al proprio ragioniere e, comunque, si concentrano solo sul tasso di interesse e tralasciano quelle voci che per la banca sono il vero guadagno, ossia le spese e le commissioni (quale, ad esempio, la commissione sul fido accordato): una revisione al ribasso anche solo di queste ultime potrebbe generare una disponibilità immediata fin dal primo trimestre di intervento.
Si comprende agevolmente che si tratta di una importante inversione dei rapporti di forza.
Dalla combinazione di questi vari aspetti il consulente non può non consigliare il servizio di monitoraggio bancario ai clienti.
Nell’ambito della spinta verso l’emersione e la composizione tempestiva della crisi, il legislatore richiede oggi anche alle banche – e questo è un novum per il nostro ordinamento – pur non ricomprese tra i creditori pubblici qualificati, un comportamento attivo, facilitato dal monitoraggio sul rischio di credito di ciascuna posizione che esse continuativamente eseguono.
Nel quadro, scolpito nell’art. 4 e contraddistinto (nel comma 4) dal dovere di leale collaborazione posto a carico dei creditori, emerge (art. 25-decies) l’obbligo per le banche e gli intermediari finanziari di dare notizia agli organi di controllo societari delle variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti comunicate al cliente, vale a dire di ogni mutamento significativo – sia successivo che preventivo – di ciascun rapporto in corso o della valutazione della banca rispetto all’impresa nella concessione di finanziamenti richiesti.
Di nuovo, quindi, la sollecitazione, che si provoca mediante il flusso informativo, - peraltro duplicazione di un’informazione già resa all’impresa e, quindi, all’organo gestorio - è diretta «anche» all’organo di controllo (dopo che è stata rivolta all’organo gestorio) affinché questi possa intervenire prontamente sia individuando i motivi – muovendo dalla verifica dell’adeguatezza degli assetti – delle variazioni dei suddetti rapporti bancari al fine di cogliere l’esistenza o meno di indizi di crisi in atto, sia interpellando gli amministratori – vigilando quindi sul comportamento degli amministratori – sulle contromisure che ritengono di dover preparare per rispondere efficacemente.
Come è stato rilevato per «affidamento» deve intendersi qualsiasi operazione che abbia generato erogazione di credito (quindi, non solo fidi ma anche mutui e prestiti ecc.) e quindi una posizione debitoria dell’impresa nei confronti della banca a fronte della quale sia stata decisa dall’ente finanziatore una variazione di non minima portata.
Questa posizione debitoria dell’impresa dovrà allora essere contestualizzata da parte dell’organo di controllo nel quadro della situazione economico-finanziaria attuale (al momento della comunicazione della banca) e prospettica per valutare la possibilità di adempimento o meno e, quindi, l’esistenza, di nuovo attuale o prospettica, di una crisi.
Inoltre, l’organo di controllo dovrà anche valutare la ricaduta di queste variazioni contrattuali disposte dalla banca non solo sulle disponibilità necessarie per far fronte (anche) alle altre obbligazioni in corso ma anche sulla prosecuzione della gestione. Insomma, ricevuta la comunicazione, sulla base del dovere di diligenza scolpito negli artt. 3 ss del codice, l’impresa deve attivarsi compiendo una verifica interna anche ricorrendo, se necessario, al programma informatico disponibile nella piattaforma telematica nazionale per effettuare una autodiagnosi della situazione. Nessuna sanzione è prevista per la banca o l’intermediario finanziario che non adempia all’obbligo di comunicazione.
Non è però da escludersi che possa configurarsi, qualora dall’omessa comunicazione ne derivi un aggravamento della crisi, una responsabilità risarcitoria o in via diretta per lesione del credito o indiretta (concorso nell’inadempimento dell’organo di controllo).
Servizio di monitoraggio periodico dei rapporti bancari per avere un costante e meticoloso controllo delle uscite economiche.
Ampio concetto di controllo di gestione operato dal cruscotto di controllo.
Costo irrisorio annuo con cui monitorare periodicamente i vari rapporti, al fine di verificare quali siano i reali costi bancari sostenuti dall’azienda e quali siano i margini per una trattativa a miglioramento delle condizioni economiche applicate dall’istituto di credito.
Tutto in relazione al pattuito.
È rilasciato un report periodico che, in caso di necessità, costituirà la prova documentale dell’aver osservato il Codice della Crisi mediante l'adozione di un adeguato assetto organizzativo.
L'analisi comprende anche mutui e leasing, cessione del quinto dei dipendenti, prestiti chirografari, insomma tutto il panorama bancario.
Sono gradite collaborazioni in tutta Italia.
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